Il Cardellino
E’ successo a New York, il 10 aprile di quattordici anni fa. ( La mia mano esita di fronte a questa data, devo costringermi a scriverla, imporre alla penna di continuare a scorrere sul foglio. Era un giorno come tanti, ma da allora buca il calendario come un chiodo arrugginito.)
Theo Decker sopravvive appena tredicenne a un attentato terroristico al Metropolitan di New York. Improvvisamente solo, dopo la morte della madre viene affidato dai servizi sociali alla famiglia di Andy, un suo compagno di scuola. In un lunghissimo flaschback che inizia in una camera d’ albergo a Amsterdam, Theo racconta il giorno dell’ attentato, il periodo di affidamento presso la famiglia Barbour e quello con il padre a Las Vegas, l’ amicizia con Boris, il rocambolesco ritorno a New York, il nuovo inizio con Hobie, la passione per l’antiquariato, le truffe, i salotti più chic della città, il mondo dei falsari d’ arte. Onnipresente, in ogni istante, il suo talismano: il piccolo quadro di Fabritius il Cardellino del 1654.
Con un intenso lavoro di scrittura e una minuziosa attenzione ai particolari, l’ autrice, come in un romanzo ottocentesco dalle intense sfumature gotiche, ci sorprende di pagina in pagina rivelando un romanzo di formazione dalle svolte inattese. Una storia sulla sopravvivenza e la solitudine, il dolore e la nostalgia, l’ isolamento e l’ alienazione, la paura e le conseguenze post traumatico dei sopravvissuti a un attentato, sull’ autodistruzione e sulla fragilità della vita. Una narrazione che analizza le mille sfumature dei sentimenti, dall’ amore totalizzante alle ipocrisie delle relazioni, dall’ amore non corrisposto ai legami casuali ed improvvisi. Un romanzo sull’ ossessione di un’ opera d’ arte e sulla bellezza di un’ opera d’ arte. Il quadro di Fabritius è il segreto di Theo, la sua ossessione, il ricordo della madre e dell’ innocenza perduta, come il cardellino anche Theo ha la sua piccola e invisibile catena che ne impedisce la libertà. Un’ opera che è un elogio alla città di New York, qui splendida e crudele.
Perché, se sono i nostri segreti a definirci, e non il volto che mostriamo al mondo, allora il quadro era il segreto che mi elevava al di sopra della superficie dell’ esistenza e mi permetteva di conoscermi per quello che sono. Ed è là: nei miei quaderni, in ogni pagina, anche se non c’è. Sogno e magia, magia e delirio.
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