L’Ambasciata di Cambogia
Al suo paese oppure qui, la chiave per sopravvivere come popolo, secondo Fatou, era sempre arrangiarsi da soli.
Un breve straordinario e intenso racconto. Poche pagine e pochi tratti per delineare Fatou, una giovane immigrata a Londra dalla Costa d’ Avorio, passando per il Ghana, la Libia e l’Italia. Un racconto che si svolge in un breve arco temporale: le giornate al lavoro dai Derawal, i lunedì mattina in piscina, le colazioni con Andrew. Un mondo che Fatou si ferma ad osservare, ogni lunedì mattina, dalla fermata dell’ autobus difronte all’Ambasciata di Cambogia di Willesden: nell’ immobilità del giorno solo i volani di badmington si muovono regolari. Ogni lunedì rimane ferma per diversi minuti davanti all’ambasciata e ogni minuto che passa è uno spunto di riflessione: si domanda che cosa accade dentro quell’edificio insolito, quali storie si nascondono dietro l’alto muro di recinzione. Fatou riflette sulla solitudine e sulla sua vita; pensa alla sua famiglia lontana e al suo Paese e si pone continue domande, sulla libertà e sulla religione, sul genocidio e sui grandi eventi della storia, sulla sofferenza e sulla felicità. Un singolare racconto sull’immigrazione.
La prossima volta andiamo a Parigi. La prossima volta andiamo sulla luna. Andrew era un sognatore. Ma ci sono cose peggiori, ha pensato Fatou, dell’essere un sognatore.
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