La stranezza che ho nella testa
La stranezza che ho nella testa
ovvero
la vita, le avventure, i sogni, gli amici e i nemici di Mevlut Karatas, venditore di boza, nonché una panoramica della vita di Istanbul tra il 1969 e il 2012, raccontata dal punto di vista dei suoi cittadini.
Istanbul 1969. Mevlut lascia il villaggio dell’ Anatolia centrale, dove è nato, per trasferirsi a Istanbul dal padre e terminare gli studi. Per mantenersi Mevlut diventa venditore di yogurth e boza e non termina gli studi. Gli anni della giovinezza scorrono velocemente e la vita di Mevlut cambia improvvisamente, quando al matrimonio del cugino incrocia lo sguardo di una ragazza, una delle sorelle della sposa. Quel momento segnerà Mevlut e le vite legate a quello sguardo. Per tre anni Mevlut scrive lettere d’ amore a quegli occhi neri fino a quando con l’ aiuto del cugino Suleyman decide di rapire la ragazza per poterla sposare. Quando la giovane scopre il suo volto, Mevlut si rende conto di avere davanti la sorella sbagliata, quella più brutta. E questo è solo l’inizio della storia, che procede con un ritmo incalzante tra colpi di scena e imprevisti. Con una struttura complessa, che va dalla narrazione in terza persona a quella in prima, l’ autore ci conduce attraverso un affollamento di voci dentro Istanbul, all’ interno delle case, nelle vie e nei locali dove Mevlut trascorre le sue giornate. Negli anni che scorrono si intrecciano le storie di tre generazioni e di una città che cambia e si trasforma, che passa da tre a tredici milioni di persone mentre ogni sera Mevlut esce di casa per vendere la boza. Un’opera imponente, un omaggio a una città in continua trasformazione, composta di etnie, religioni e minoranze diverse e di uomini profondamente uguali. Oltre a Istanbul e Mevlut protagonisti di questo romanzo corale sono la famiglia, le donne, la tradizione, la religione, i matrimoni combinati e l’ onore mentre su uno scenario più imponente procede la storia della Turchia dal colpo di stato del 1971 all’ approvazione della Costituzione nel 1982, fino ai giorni nostri mentre la città continua a vivere in bilico tra due culture e tra due continenti: oriente e occidente.
Immensa fortuna leggere il romanzo di Orhan Pamuk a Istanbul.
Grazie Eric per il prezioso ritaglio di giornale.
Mevlut intuiva che quelli erano gli anni più felici della sua vita, ma si sforzava di tenere una simile idea in un angolino della sua mente. Se si fosse concesso di pensare che era felice, avrebbe potuto perderla quella felicità.
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