Tempo d’estate
Selma si adagiò su una sedia pieghevole, le gambe allargate, una bottiglia di birra a metà nella sabbia accanto a lei. Vide avvicinarsi Ronald LeJeune, che con orgoglio stava portando un vassoio di carne di maiale ai neri, dall’altro lato della linea divisoria.
Luglio 1932, Florida. Haron Key si prepara al barbecue del 4 luglio, l’unico momento a cui sono ammesse le persone di colore, ovviamente nella parte di spiaggia a loro riservata. Partecipano al barbecue un gruppo di reduci della prima guerra mondiale. Reduci di colore che si trovano alle Keys per costruire un ponte per Fremont. Con una galleria di personaggi memorabili e unici, l’autrice ricostruisce l’atmosfera di tensioni razziali, emarginazioni e pregiudizi nell’America all’indomani della Depressione. Con un accurata ricerca storica l’autrice ricostruisce la società borghese della provincia americane e l’uragano che colpì le isole Keys il giorno della festa del Labour Day del 1932. Il barbecue è il primo momento di scontro dopo l’ipocrisia dell’incontro tra le due comunità e il pestaggio di una donna bianca diventa lo strumento per condannare i reduci. Reduci che dopo la guerra si sono visti negare quanto di loro diritto in termini economici e che vivono di stenti in baraccopoli improvvisate accanto ai lavori di costruzione del ponte per Fremont. Reduci che nessuno si preoccupa di evacuare e che al pari delle altre persone di colore cacciate dai rifugi si trovano ad affrontare l’occhio dell’uragano, sia in termini meteorologici che personali. Un episodio che rientra a pieno titolo nella storia della segregazione razziale degli Stati Uniti. Fatti per cui nessuno ha pagato, denunciati da Ernest Hemingway nell’ articolo del 17 settembre 1935 Who murdered the Vets e sui quali manca ancora oggi il doveroso revisionismo storico. Al centro della storia le memorabili figure femminili di Sema, Missy e Mamma, capaci di opporsi a ogni muro e linea divisoria per difendere la libertà e l’amore.
Ronald si voltò verso Selma.
” Sono certo che comprenderai. Il rifugio non è abbastanza grande da ospitare tutti, quindi dobbiamo fare una scelta.”
Si fermò come se non sapesse cosa dire. ” Mi dispiace, ma le cose stanno così. Abbiamo deciso tutti quanti.”
Con un gesto, indicò la stanza intera. Nessuno parlò. Si schiarì la gola. ” I neri… voi…dovrete andare via.”
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