A Teheran le lumache non fanno rumore
Leila dice che il nome di una persona influisce sul suo destino. Ma a casa nostra accade tutto il contrario. Il Khosrou del poema di Nezami raggiunse la sua Shirin, ma il Khosrou figlio di mio padre non ritornò né da Afsun né da sua madre. E’ andato in guerra e non è più tornato. Il Khosrou di Nezami ebbe un monumento funebre, il nostro Khosrou non ha neppure una tomba
Teheran: tre donne e tre lutti. Khosrou è assente dai tempi della guerra Iran – Iraq, sua madre non si arrende al dolore e ogni giorno mantiene intatta la stanza di Khosrou, pronta per un ritorno. La sorella Shirin è una giovane donna timida e introversa che vive di cinema, nazionale e internazionale: ogni film che guarda è un frammento e un’immagine della sua vita. Afsun è una donna brillante, indipendente e di successo con una lavoro e una trasmissione televisiva e porta dentro di sè il dolore per la scomparsa dell’unico vero amore della sua vita. Attraverso l’uso del flashback, le due principali voci narranti si alternano nel raccontare il passato e il presente di Khosrou bambino e adolescente, fratello e primo amore. Iran, Tehran. Shirin si rifiuta di cercare le risposte sulla scomparsa di suo fratello Khosrou partito ventidue anni prima, ha timore di affrontare la disperazione di sua madre per quella scomparsa e paura di rimanere sospesa nel nulla com’è successo a Khosrou. Afsun in realtà è morta dentro, soffocata dal dolore per la scomparsa di Khosrou, per non aver potuto vivere il loro amore, per aver sposato un uomo con cui non è felice, per non avere avuto figli, per l’incapacità di lasciare andare il passato, per non avere il coraggio di modificare il presente, così da abbandonarsi con spensieratezza al futuro. Sullo sfondo la frenesia di Teheran, città caotica e luogo di dolori e solitudini. Finale aperto, senza redenzione come da tradizione letteraria e di cinema dell’Iran di oggi.
Io non sono né innamorata né malata, solo che Khosrou sta per errore nei miei sogni e l’albero di noci pianta radici sotto il mio cuscino. Non sono innamorata né malata. Vado dietro a un ragazzo che ha gettato le mie ciabatte dentro una casa abbandonata. Un luogo alla cui porta busso da anni e che nessuno apre e per il quale ogni giorno invento una storia.
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