Il pappagallo di Flaubert

La forma più alta di patriottismo consiste nel dire al proprio paese che si sta comportando in modo disonorevole, irresponsabile, crudele, quando occorre. Lo scrittore ha il dovere di essere universale nella solidarietà e apolide per definizione: solo allora sarà in grado di vedere le cose con chiarezza. Flaubert si schiera sempre a fianco delle minoranze, con il beduino, l’eretico, il filosofo, l’eremita, il poeta. Nel 1867, quarantatré zingari montarono il proprio campo in cours de la Reine suscitando parecchia irritazione tra gli abitanti di Rouen. Flaubert fu lieto di quella presenza e offrì loro del denaro.

Un pellegrinaggio fisico e intellettuale di un medico inglese, nei luoghi di Gustave Flaubert. Un romanzo che è un memoir unico attraverso la mappa di letteratura delle opere e della vita di Flaubert. Un percorso che si snoda tra Normandia e Bretagna, per approdare alla sala del padiglione di Croisset alla ricerca del pappagallo più somigliante alla descrizione di Falubert: di pappagalli ce ne sono decine. Tra ricordi personali, riflessioni letterarie, luoghi della memoria personale e dell’artista, il romanzo racconta l’avventura di un uomo alla ricerca di un frammento di verità possibile sulla vite, gli amori, i vizi e le meschinità di un maestro francese, che a tratti diventa un uomo come tanti; di una vita che oltre la fama e il successo è la vita di un uomo qualunque alle prese con splendori e miserie dell’esistenza. Sullo sfondo la geografia di paesaggi incantevoli, avvolti da nebbie e piogge insistenti che rinnovano il proprio splendore alla luce del sole attraverso l’incessante ritmo delle maree. E il commiato da Flaubert non poteva che essere una visita alle tre statue dello scrittore: a Trouville dove i baffi ancora aspettano di essere restaurati. A Barentin, la gamba sinistra minaccia di spaccarsi e c’è un buco nell’angolo della giacca. A Rouen, in place des Carmes  dove la struttura si presenta solida.

Perciò, ricapitolando: Flaubert insegna a guardare in faccia la verità senza abbassare gli occhi di fronte alle conseguenze; insegna, come già Montaigne che occorre dormire sul guanciale del dubbio; ci insegna a separare le componenti della realtà e a osservare che la Natura è sempre un miscuglio di generi; insegna l’uso più esatto possibile del linguaggio; insegna a non accostarsi a un libro per cercarvi pillole di saggezza morale o sociale – la letteratura non ha niente a che fare con la farmacopea; insegna il primato del di Verità, Bellezza, Sentimento e Stile. E se studierete la sua vita privata, vi insegnerà coraggio, stoicismo, amicizia; l’importanza di intelligenza, scetticismo e arguzia; la stupidità del patriottismo di bassa lega; la capacità di stare da soli in una stanza; l’odio per l’ipocrisia; la sfiducia nel dogmatismo; la necessità di parlare con franchezza.

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