I tre matrimoni di Manolita
Sì, deve rivolgersi al Patronato di Redenzione delle Pene. Era la prima volta che sentivo quel nome e mi venne quasi da scuotere la testa e dire di no, aggiungere che non dovevo essermi spiegata bene, perché le mie sorelle non erano detenute e non avevano nessuna pena da cui redimersi. Ma prima che trovassi la formula migliore per dirlo, lui stesso chiamò una donna che stava entrando nell’edificio.
” Signora Marisa, venga un attimo, queste ragazze sono qui per il programma dei figli dei detenuti…
Madrid negli anni successivi alla Guerra Civile è una città di spettri e di persone in fuga, di uomini che hanno perso tutto e di donne che si devono farsi carico di sorelle, madri e amiche. La militanza comunista è la causa di tutto, prima durante e dopo la guerra: di fatto non è cambiato nulla, la caccia alle streghe continua e chiunque può essere un delatore.
Manolita ha sedici anni, padre e matrigna in carcere, un fratello maggiore latitante, due sorelle più piccole da far mangiare, crescere e studiare. Tutti i lunedì Manolita è in coda al carcere di Porlier, un vero e proprio pellegrinaggio per le migliaia di donne che attendono qualche istante e parole con i mariti, i figli e i padri. Un giorno Manolita varca la soglia del carcere per sposarsi con Silverio, un esperto di tecnica e ciclostili. Il matrimonio è la copertura perfetta per far entrare a Porlier le schede dei ciclostili per avere una possibilità di stampare e diffondere materiale di resistenza. Poi un altro giorno, mesi dopo, si celebra il secondo matrimonio di Manolita e Silverio. Manolita diventa un riferimento per tutte le donne in fila prima di entrare nel carcere e tra sofferenze e solidarietà si crea un nuovo circuito di resistenza. Ogni donna è una storia, ogni lunedì è una sfida, ogni sentenza definisce la vita non solo del condannato, ma di tutto un mondo femminile. E nel frattempo il Patronato di Redenzione delle Pene, porta via le due sorelle più piccole di Manolita: Isabel e Pilarin, costrette dal Ministero a trasferirsi a Bilbao in un collegio. Il programma dei figli dei detenuti è in realtà un progetto rieducativo e mentre la piccola Pilarin accetta ignara la nuova educazione e la nuova versione della Storia, la giovane Isabel, troppo grande per essere rieducata è costretta ai lavori forzati. Il terzo matrimonio di Manolita è a tutti gli effetti una storia a sé di coraggio e passione. Un romanzo intenso, ben strutturato che racconta con maestria una pagina della Storia spagnola; costruito su episodi storici reali, come in precedenza accaduto per Ines e l’allegria e poi con I pazienti del dottor Gaecia. lnquietante il personaggio dell’Orejas, figura romanzata di Roberto Conesa Escudero, personaggio paradigmatico del franchismo, il torturatore e maestro di torture più celebre della dittatura. Indelebili gli altri personaggi che insieme a Manolita sono La Resistenza della Spagna.
Con loro avevo imparato che rinunciare alla felicità era peggio che morire, e che l’anelito, il desiderio, la speranza di un futuro migliore, anche se ridotto a quello che restava tra una condanna a morte e una a trent’anni di prigione, era possibile, era buono e legittimo, era dignitoso, ammirevole, persino in quella succursale dell’inferno dove avevo fatto la coda tutti i lunedì della migliore estate della mia vita. Aspirare alla felicità in un carcere era un modo per resistere, e questo, anche se la mia matrigna non l’avrebbe mai capito, non significava rinunciare alla normalità, alle comodità, al destino placido della gente comune, ma fare una scelta libera e sovrana. Il frutto dell’unica libertà che mi restava
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