Via Katalin
Nessuno aveva spiegato loro che la fine della giovinezza è terribile non tanto perché sottrae qualcosa, quanto piuttosto perché lo apporta. E quel qualcosa non è saggezza, né serenità, né lucidità, né pace.
E’ la consapevolezza che il Tutto si è dissolto.
Via Katalin: tre case, tre famiglie e tre destini. Irén, Blanka, Henriett e Bàlint sono quattro bambini quando si trasferiscono in via Katalin negli anni trenta del secolo scorso. I quattro bambini crescono insieme, giocano nei rispettivi giardini guardando il Danubio attraverso le siepi di confine delle tre proprietà. Insieme crescono e da giovani adulti affrontano il clima di insicurezza provocato dalle persecuzioni antisemitiche e dalla guerra.
Tre case, adiacenti una all’altra, quella famiglia Elekes, lui uno studioso, preside e insegnante, lei disordinata e inaffidabile, la figlia Irén brillante a scuola, la minore, Blanka, bella e bionda, quella del dentista Held che ha una sola figlia, Henriett e infine quella del Maggiore Birò, vedovo, padre di Bálint, amato da tutte le ragazze.
Henriett è ebrea, prima un dettaglio e ora una drammatica consapevolezza che diventa realtà nella casa occupata, con i genitori dispersi. Irén e Bàlint si fidanzano e proprio quel giorno tutto precipita e nessuno di loro riesce a presagire con quanta violenza il destino cambierà il corso delle loro vite.
La storia è raccontata in un alternarsi di una voce in prima persona, quella di Irén e di quella di una terza persona onniscente.
Con un arco temporale che va dal 1934 fino agli anni Sessanta, Via Katalin è un’opera corale e di grande suggestione.
Ero in piedi alla finestra, guardavo il giardino.
Oggi so ormai come fu quell’istante, ma allora non me ne resi conto, si capisce sempre troppo tardi che bisognerebbe dilatare il tempo finché possibile, finché si riesce. Io non cercai di dilatare quell’istante, non feci nulla per trattenerlo, anzi lo accelerai, volevo che passasse in fretta…