L’attrice di Teheran
Sheyda è nata sotto la Repubblica islamica. A quell’ epoca io ero già in Francia, studiavo il cinese ed ero consapevole che il mio futuro non sarebbe stato in Iran. Sono passati trent’ anni. Tra noi, tre decenni di Repubblica islamica e lo stesso dolore. Lo stesso esilio, o quasi.
Da questa considerazione iniziano le chiacchierate tra l’ autrice e la giovane attrice in Francia in una casa nel Midì. Sheyda racconta la propria infanzia, trascorsa sullo sfondo della guerra Iran – Iraq tra allarmi aerei e rifugi, della casa confiscata per via della religione dei suoi avi e le giornate al Conservatorio, tra bugie e verità celate. Al conservatorio impara oltre al contrappunto, l’ armonia e l’ orchestrazione la solidarietà, la contestazione e la resistenza.
Il conservatorio è un’ isola, un eccezione, un luogo al di fuori dell’ Iran e delle sue leggi repressive.
Ma il conservatorio non è abbastanza per Sheyda e dopo l’ aggressione con l’ acido, eccola diventare Amir, tagliarsi i capelli a zero ed assumere le sembianze di un ragazzo per poter conoscere la vita oltre il velo. E questo accade durante i lunghi incontri tra l’ autrice e Sheyda,Sheyda lentamente si toglie il velo e svela l’ indicibile: l’ amicizia con il gestore del Beethoven, le pedalate in bicicletta lungo la città, i pomeriggi al parco Chitgar.
Amir è la libertà, il possibile, l’ impossibile. E’ il visto, il lasciapassare, il salvacondotto. Con Amir tutto è fattibile. La vita è permessa.
Sheyda sogna la vita e inizia a recitare e recitando inizia una vita diversa. Premi, provini e altri film e altri personaggi che la rendono famosa portandola sul tappeto rosso di molti festival internazionali. Sarà la scelta di un abito per un tappeto rosso a New York a determinare il suo esilio. Sette lunghi mesi trascorsi tra il Tribunale della Rivoluzione e gli Uffici del Ministero delle Informazioni e della Sicurezza Nazionale, tra la Corte di Giustizia della Rivoluzione e il Ministero dell’ Orientamento e il Centro Culturale della Gioventù, come una partita di ping pong, tra un interrogatorio e l’ altro per dimostrare che è un’ attrice e non una spia della Cia, che un copione non è nulla di sovversivo, che un film non trasgredisce alcuna regola religiosa.
La mia vita è iniziata da quel dolore.
Il libro è ispirato alla vita dell’ attrice iraniana Golshifteh Farahani.
Da vedere oltre ai film dell’ attrice Golshifteh Farahani anche:
My Teheran for sale di Granaz Moussavi con Marzieh Vafamer 2009
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