Applausi a Scena Vuota
Abbiamo detto che è il mio compleanno, un’ occasione, come si sa, per farsi un esame di coscienza. Perché io, a dirla tutta, nella mia situazione attuale, non ho i mezzi per mantenerne una. Parlo sul serio. La coscienza, l’ anima, sono strumenti che esigono una manutenzione costante, un impegno infinito! Bisogna farle un tagliando al giorno, a ogni ora del giorno! Non ho ragione? Ditemelo un pò voi.
Il romanzo si svolge in una sera in un cabaret di Netanya. Dova’le è un uomo di cinquantasette anni, magrissimo e segnato dalla malattia, che ripercorre la propria vita di fronte ad un pubblico consapevolmente scelto per partecipare al suo dolore, per condannarlo o assolverlo da quella colpa di cui sente di essersi macchiato tanti anni prima. Tra loro il giudice Avishai Lazar, amico di infanzia di Dova’le, trascinato nel cabaret da una improvvisa telefonata e con una precisa richiesta. Dova’le è un comico triste, a tratti carismatico e affascinante, e Lazar, venuto a giudicare il vecchio amico, ne segue l’ironia pungente, il racconto doloroso a cui nella propria mente aggiunge pezzi della storia vista da una prospettiva differente, e intreccia il dolore di Dova’le con il proprio. Il risultato è una storia struggente, raccontata a due voci che si alternano nella ricostruzione del passato, in cui le battute provocatorie di uno spettacolo di cabaret si alternano al racconto intimo. Un viaggio a ritroso nel tempo fino a quel giorno, quando al campeggio militare, Dova’le viene raggiunto dalla notizia della morte di uno dei genitori. Nessuno gli ha detto nulla, solo che deve arrivare a Gerusalemme in tempo per il funerale. Dova’le affronta il viaggio attraverso il deserto con una domanda precisa a cui non sa rispondere: mio padre o mia madre? Un romanzo profondo, privato e personale, capace di farsi interprete di sentimenti, dolore e insicurezze universali. Temi che Grossman affronta ogni volta in modo differente: il dramma della Shoah e il peso della storia, le difficoltà nel venire a patti con essa, la violenza della guerra che si insinua in ogni piega della vita, il confronto con la morte; famiglia e amicizia, infanzia ed adolescenza che lasciano il posto alla difficoltà del diventare adulti.
E questo è tutto, Cesarea…
Dal fondo del palcoscenico mi scocca il suo sorriso più smagliante.
E’ tutto quello che ho da darvi, gente. Niente più Dova’le per oggi e nemmeno per domani. Lo spettacolo è finito.
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