Borderlife
Ore quiete e lunghe chiacchierate, affondati l’uno nell’esistenza dell’altro, ascoltando e bisbigliando. A crogiolarsi nel dolce calore del termosifone, ad ascoltare il vento e i tuoni. Con sempre gli stessi cd che vanno a ruota, Chet Baker, Mazzy Star, Chopin, Ella Fitzgerald.
New York, Liat e Hilmi. Liat è una giovane traduttrice, ha servito nell’ esercito israeliano, ha una borsa di studio,un visto che scade a breve e ama la propria famiglia. Hilmi vive a Brooklyn, fa il pittore e l’insegnante, è stato imprigionato dagli israelinai e sogna il mare che vede da lontano dall’ appartamento al nono piano di un palazzo di Ramallah. New York è il teatro del loro amore, un rappresentazione di quello che sono fuori dai confini delle loro origini: Tel Aviv e Ramallah. A New York possono tutto quello che i confini della loro terra lontana nega loro.
Liat e Hilmi si amano consapevoli dei confini storici, geografici, culturali e temporali, come la scadenza del visto di Liat. Si amano intensamente, nonostante tutto, sapendo che non c’è futuro per loro, esattamente come per la terra dalla quale provengono. Liat nasconde il proprio legame con Hilmi alla famiglia, Hilmi lo comunica a tutti. Liat è bloccata dalla consapevolezza politica del confine che li divide, Hilmi affronta il confine sapendo di poterlo superare. Liat è portavoce di una retorica vuota che ha dilaniato un paese, Hilmi è possibilista, cerca le soluzioni. Liat prepara le valigie alla scadenza del visto, Hilmi decide di trascorrere l’ estate a Ramallah, con un biglietto di ritorno per New York. Liat combatte il senso di colpa, Hilmi assapora ogni attimo di libertà insieme. Un romanzo che mette in evidenza, retorica e preconcetti di una politica che non ha portato alcuna soluzione di pace. Un romanzo intenso, per il quale la direzione pedagogica del Ministero dell’Istruzione, ha espresso la preoccupazione che la sua lettura fra persone non ancora mature possa spingere a matrimoni misti. Secondo fonti del ministero, una delle ragioni della censura è che il libro potrebbe “minare” le “identità separate” di ebrei e arabi. Dal romanzo emerge tutta la crisi di identità di Liat, non quella di Hilmi, tra i due è lei quella incapace di definirsi attraverso l’amore di Hilmi.
Finale doloroso, che forse apre gli occhi a Liat. Forse.
Superba la traduzione di Elena Loewenthal.
Vedere da qui, da New York, quel che vedono loro da Ramallah, al di là della colline dette della tenebra, stare al posto loro sul balcone, come sul monte Nebo, e vedere ogni giorno Israele, i sobborghi di Tel Aviv, la nostra vita dall’altra parte, una vita sicura di sè, inconsapevole, come priva di riflesso. Che strano, e quanto è spaventoso scoprire ciò che vedono, da laggiù.
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