Elogio dell’ Odio
Zia Safa portava fuori il caffé e si sedeva sul bordo della vasca. Beveva lentamente dalla tazza nella brezza leggere del primo pomeriggio e Maryam sbottava perché, secondo lei, la sorella era sempre troppo nuda. Alzava la voce bruscamente, la sgridava, ma zia Safa rimaneva impassibile e non rispondeva, non le importava nulla che Maryam la mettesse in guardia dicendo che di lì a poco Radwan sarebbe arrivato. ” Tanto è cieco” diceva zia Safa. ” Ma Dio è sopra di noi e ci guarda.”
Siria anni ottanta, una giovane e anonima narratrice ci racconta la sua storia, quella della sua famiglia e quella della Siria, un paese, in quegli anni, diviso tra islamismo radicale e squadroni delle milizia al potere. La storia è la storia di una famiglia alle prese con i ricordi e la nostalgia di un passato di agi e ricchezze, una famiglia unita prima e dilaniata poi dalla jihad. Le storie sono quelle del cieco servitore Radwan, dell’ anziana zia Maryam, della misteriosa e sorridente zia Safa, dell’ inquieta zia Marwa. Un mondo femminile a cui si contrappone la figura maschile dominante di zio Bakr che coinvolge tutti nella jihad contro il regime. Jihad che porta dolore e morte nella famiglia e che trasforma ognuno nel fantasma di sè stesso, compreso Bakr costretto all’ esilio a Londra. La voce narrante è una giovane ragazza sola, ribelle alla tradizione che finisce preda dell’ odio per le opposte fazioni religiose, al punto che l’ odio diventa la sua nuova religione, portandola dalla prigione nera del velo alla prigione reale del regime, che sorprendentemente la metterà a confronto con altre donne e altre storie. La prigionia le farà scoprire l’ inutilità dell’ odio che le era stato insegnato. Un romanzo splendido e complesso che percorre la storia di una nazione e lo straordinario percorso di riscatto di una donna. Una storia di solitudine e tradimenti, di speranze e dolore. Una lettura necessaria per comprendere la Siria di oggi.
In indirizzo la lettera che l’ autore ha indirizzato agli scrittori di tutto il mondo una lettera aperta sulla rivoluzione siriana.
Che cosa c’è di più bruto che i colori ti tradiscano, che persino il bianco e il nero si mescolino in un grigio senza fine, che non si distinguono, e che tutti i colori in mezzo scompaiano? una superficie senza passato, presente o futuro. Ci eravamo persi tra quegli eventi, del tutto incapaci di reggerne le redini.
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