Gli atti di mia madre
Ci sono cose che possiamo comprendere solo quando accadono a noi. Non c’è altro modo di esprimerle. Solo il fatto compiuto ci dà informazioni su che cosa sia accaduto realmente. Potremmo farcene un’idea, se la nostra immaginazione è abbastanza coraggiosa e selvaggia, ma le comprendiamo solo quando accadono effettivamente.
Ungheria, tra il 2005 e il 2005 Andras Forgach viene informato, in modo frammentario di una verità assurda, ma reale. Prima una telefonata, poi qualcuno che ha saputo per caso, poi qualcun’altro che ha sfogliato un fascicolo e infine l’Ungheria che ha aperto gli archivi dei servizi segreti del passato regima comunista. E la verità diventa tangibile: sua madre, la donna con la quale ha conosciuto la bellezza e la liberalità, la generosità e l’abnegazione era una collaboratrice segreta, una minuscola vite di un apparato repressivo.
Attraverso i documenti trovati a casa, le lettere di posta aerea, i ritagli di giornale ingialliti, opuscoli e cartoline, documenti e certificati si ricompone la storia di Avi – Shaul Bruria, nata a Gerusalemme nel 1922 e morta in Ungheria nel 1985, nome in codice signora Pàpai.
Un romanzo intenso e doloroso sulla storia di una donna costretta a elargire informazioni, perfino sui figli e i parenti, in nome dell’incrollabile fede nel comunismo e per ottenere un visto, diversi visti negli anni, rendendo di fatto la famiglia della signora Pàpai, libera di uscire dall’Ungheria dalle frontiere sigillate,. Una storia che racconta attraverso i rapporti desecretati, la solitudine di una donna, la delusione di una donna che raccogliere le informazioni richieste, per accedere ad un alloggio con una stanza in più, per un regalo e a volte anche per soldi contanti, rigorosamente tracciati nei documenti.
Gli atti di mia madre è una ricostruzione complessa, riordinata in tre parti suddivise in capitoli stilisticamente e tematicamente molto diversi fra loro, delle vite non comuni di due ebrei divenuti ungheresi per una scelta ideologica fatta alla fine degli anni Quaranta, senza più farsi influenzare dalla naturale evoluzione della Storia. Il primo capitolo ci porta direttamente dalla signora Pàpai, per ritornare nel secondo capitoli a Bruria e Marcell, il marito da cui ha ereditato il mestiere di spia e il nome in codice: ill padre giornalistache non regge la pressione del lavoro di spia e a seguito di crolli psicologici e muore in un sanatorio. Bruria, prende il suo posto. Il terzo capitolo intreccia i documenti e le riflessione del figlio Andras, che ricostruisce dolorosamente un passato inimmaginabile.
Un’interessante lettura per comprendere un periodo storico complicato e le scelte che la storia impone alle donne, in questo caso a Bruria.
Nel contempo, in modo perverso, questa svolta ha i suoi vantaggi. Getta una luce vivida sulla storia personale. Il fatto che tutto si ridimensioni, che si debba ridimensionare, costringe a misurare il nuovo peso di ogni cosa, a prendere visione, da una certa distanza, della vita vissuta troppo da vicino e per questo non molto sensibile a connessioni più ampie. La si potrebbe definire anche possibilità. Ultimao prima, non importa.
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