I giorni che non ho vissuto
Magari potessimo fare un annuncio sul giornale quando perdiamo noi stessi e allegarci una nostra vecchia foto, una foto che ci rassicuri che siamo proprio noi, dando poi un compenso a chi ci trova, anzi, rimanendo suo schiavo per sempre. Così potremmo finalmente liberare il respiro e dirci che ce l’abbiamo fatta, abbiamo studiato un certo corso perché amavamo farlo, o persino dichiarare con sicurezza quello che vogliamo fare nel futuro. Quanto sono felici quelli che hanno se stessi.
Omid sta per ritornare a Teheran dopo decenni trascorsi in Europa. L’improvviso rientro turba l’anziana madre e Bita, l’amica e compagna di giochi dell’infanzia. Le due donne si rivedono per la prima volta dopo anni: la madre di Omid è in pensione e dopo anni di solitudine ha una relazione; Bita ha deciso da pochi giorni di separarsi dal marito. In una lunga giornata nella casa della madre di Omid, le due donne si riconciliano con il passato, trovano le risposte alle domande rimaste al lungo inespresse. E così tra una tazza di tè e una corsa a fare la spesa per il pranzo, riaffiorano le ferite lasciate dal lungo conflitto con l’Iraq, l’amarezza per gli errori compiuti e le parole non dette e il rimpianto per le occasioni perdute. All’iniziale distacco tra le due donne seguono momenti di grande vicinanza: Bita riesce a fare i conti con il proprio passato e a rielaborare i vecchi rancori. La lunga conversazione tra le due donne porta alla luce i momenti più intimi dell’esistenza di entrambe, che si trovano senza certezze per il futuro e senza punti di riferimento. Omid, personaggio principale rimane sullo sfondo: la sua vita sono le parole della madre e la fotografia del suo matrimonio con una donna francese.
Un romanzo delicato, che racconta l’animo umano di due donne iraniane, diverse in tutto e per tutto, ma vicine per sentimenti.
Ora che ci penso noi eravamo sempre in fuga, in fuga dalla nostra stessa vita. Solo che da piccoli hai a disposizione più storie in cui perderti, e i racconti ti sembrano anche più credibili. Si dice che gli antidepressivi abbiano salvato più vite che gli antibiotici. Io penso che le storie ne abbiano salvate ancora di più. Le puoi trovare ovunque, nei libri, nei film e persino nella fantasia. Ci prendono e ci portano in dimensioni più tollerabili della realtà
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