Il castello bianco
C’era qualcosa, nella sua lingua e nel suo atteggiamento, che mi attraeva e che volevo assimilare. Si deve amare la vita che si è eletta, fino a renderla propria; e il l’amo.
Nel seicento, un gentiluomo veneziano viene catturato dai pirati turchi e ceduto come schiavo a un astrologo turco. Il giovane gentiluomo veneziano è colto, appassionato di astronomia e matematica e si finge dottore, ma tutto questo non è sufficiente per non essere ceduto come schiavo: deve convertirsi all’islam per essere affrancato. Il gentiluomo rifiuta tre volte di convertirsi e il Pascià lo dona come schiavo all’astrologo di corte. Incomincia così un lungo sodalizio culturale e spirituale: i due vivono per anni a stretto contatto mentre studiano i fuochi d’artificio per stupire il Sultano, progettano orologi e discutono di astronomia, matematica, ingegneria e biologia. Il gentiluomo veneziano e l’astrologo turco si assomigliano come fossero fratelli gemelli e convivono nella reciproca diffidenza. Il sultano Maometto IV affida loro la costruzione di una potente arma da guerra per combattere i giurri dell’odierna Polonia.
L’arma non funzione e mentre uno dei due opta per la fuga, l’altro ritorna a Istanbul e si ritira a vita privata. Un intenso romanzo che racconta la storia di due uomini agli antipodi, esattamente come i mondi che rappresentano: l’occidente e l’oriente. Due culture che si affrontano e confrontano: quella turco islamista e quella cristiano occidentale. Un percorso che diventa per entrambi di riflessione e di crescita. Un romanzo storico che attraverso le pagine diventa romanzo di formazione. Traduzione perfetta.
C’ara anche un capanno appollaiato sul fico; nei giorni limpidi, di lassù si poteva vedere Ayasofya; oppure restavo accoccolato là sotto e mirando Istanbul, fantasticavo per ore.
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