Il palazzo degli specchi
In passato era stata liquidatoria rispetto al pensiero politico del Mahatma Gandhi: la non violenza, pensava, era una filosofia di auto appagamento. Ora capiva che il pensiero del Mahatma era decenni più avanti del suo. Erano piuttosto le romantiche idee di rivolta da lei coltivate a New York a rivelarsi vane speranze. Ricordò le parole del Mahatma che aveva letto più volte e sempre sottovalutato: che il movimento anticolonialista era una ribellione di indiani disarmati contro quanti – indiani o inglesi – lottavano armati; che i suoi strumenti erano le armi degli inermi, la debolezza la loro vera forza.
Mandalay 1885 Yangoon 1996. Due date, una storia e geografie che attraversano India, Burma e Malaysia. Il giovane Rajkumar sbarca nel regno di Birmania. Sono i giorni della sconfitta dell’esercito birmano da parte degli inglesi, il momento in cui la famiglia reale viene costretta all’esilio dopo il saccheggio del Palazzo degli Specchi. Lo sguardo di Rajkumar incrocia, per un’istante, quello di Dolly, giovane bambinaia al servizio della famiglia reale. Saya John originario di Singapore decide di formare Rajkumar e di fare di lui un commerciate di teak. Ratnagiri, sud di Mumbay, la famiglia reale birmana è in esilio a Outram House. Dopo venti anni e con la complicità di Uma, Rajkumar incontra Dolly e le propone di sposarlo e di ritornare a Yangoon. Uma rimasta vedova si trasferisce a New York, dove incontra Matthew, figlio di Saya John e lo convince a ritornare in Birmania con la giovane moglie Elsa. La Storia e le storie delle due famiglie si intrecciano con quella dei figli del fratello di Uma. Una generazione coinvolta, su fronti opposti nel secondo conflitto mondiale, nella resistenza e nella lotta contro il colonialismo e alla ricerca di un’identità personale e nazionale. Saranno Dinu Raha, l’anziano figlio di Rajkumar e Jaya,la giovane nipote di Uma, a ricomporre i tasselli della storia attraverso le fotografie, scattate da Dinu nell’arco di tutta una vita. La realtà della storia e la storia della famiglia attraverso un obiettivo, ferma sulla carta, chiusa in scatoloni rimasti in un angolo per lungo tempo. Un romanzo epico, monumentale e meraviglioso. Una storia di amore, guerra e confini che attraversa tre generazioni di personaggi unici e memorabili.
Lo stato d’animo degli studenti birmani attivi nel movimento era sintetizzato nello slogan coniato da un carismatico leader studentesco, Aung San: le difficoltà del colonialismo, diceva, costituiscono un’occasione di libertà.
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