La baronessa del ghiaccio
Haard’dloq chiamano gli inuit il ghiaccio molto fresco, ancora sottile” disse Johann Silberberg, camminando accanto a Katja nella neve sulle rive della baia.
Hikuliaq, se è ancora scivoloso, ma vi si può camminare sopra.
Kaneq sono i fiori di brina che appaiono quando il ghiaccio è così solido, resistente e duro da poterlo calpestare senza pericolo.
Aputainnaq è lo strato insidioso di ghiaccio in pieno oceano. Gli inuit hanno un intero vocabolario per il ghiaccio, perché ci convivono da tempo immemorabile e da esso dipendono le loro sorti.
Russia 1882, Katja è l’unica femmina della famiglia e quando a pochi anni dalla sua nascita la madre muore, ha l’obbligo di sostituirla nella cura del padre e dei fratelli. Un destino segnato, senza speranza, se non quella di sposarsi e trasferirsi presso un altro nuovo padrone. Una notte un rumore la sveglia e vedo l’ombra del fratello Grisa uscire di casa. Grisa è il suo unico vero legame affettivo e velocemente lo insegue. Inizia così la fuga di Katja, un fuga geografica e personale. Prima tappa la Norvegia, poi la Germania e poi dopo i laghi ghiacciati del nord, il sole del sud dell’India. Primo volume di un’appassionante saga familiare, il romanzo è, allo stesso tempo, una storia di riscatto sociale e un’avventura dalla Russia ai tropici, durante un’epoca di grandi trasformazioni politiche ed economiche, che diventano opportunità per i più audaci. Katjia è una di loro, audace e visionaria, conduce il fratello Grisa e i fratelli Thilo e Christian in un’avventura senza precedenti: prendere il ghiaccio dei laghi gelati del nord e venderlo nel caldo sud.
Pensi che una sola notte possa cambiare tutta la vita? sussurrò Christian.
Forse è la notte che rende visibili i cambiamenti, sussurrò Katja in risposta.
Finché era ancora buio su Madras, il mondo apparteneva solo a loro.
Rubarono la loro felicità, due ladri nella notte.
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