La famiglia Aubrey
Forse il commettere errori è una condizione costante dell’essere umano; perché non riesco a immaginare dei genitori in quella situazione che non avrebbero provato un qualche senso di colpa; ma sono sicura che questi auto rimproveri erano ingiustificati. Forse sarebbe stato diverso se non avessimo letto Shakespeare fin dalla più tenera età, ma sia come sia, anche se provavamo orrore e pietà, sentivamo che quello era l’ultimo atto della tragedia e, grazie a dio, noi eravamo personaggi minori.
Nella Londra di fine Ottocento, gli Aubrey sono una famiglia fuori dal comune. Approdano a Lovegrove, un quartiere povero, dopo il Sudafrica e dopo Edimburgo. Sono continuamente poveri: il padre Piers si gioca tutto quello che guadagna e ultimamente si è giocato tutto il mobilio di casa. La madre Clare è una giovane donna che cerca di tenere tutto insieme e tra una depressione e un’emicrania riesce solo a pensare all’ora del te e agli arpeggi. La figlia maggiore Cordelia, suona il violino completamente priva di talento. Rose e Mary sognano un futuro da concertiste di fama mondiale e il piccolo Richard Quin ancora deve decidere quale strumento essere. La musica è il sottofondo costante di ogni giorno, l’umorismo costante e la strana allegria che invadono attimo, rendono la percezione della realtà impossibile. L’estrema povertà, la mancanza di vestiti e possibilità sono minimizzate dagli arpeggi e dalla lettura degli articoli del padre: l’incommensurabile stima per Piers rende tutti ciechi difronte all’evidenza dei problemi economici. La povertà è percepita come una uno stato impossibile da cambiare, il padre si gioca tutto ed è un dato di fatto, porre un freno o un rimedio sono azzardi impensabili per Clare. E così anche nel momento più drammatico, quando Piers abbandona la famiglia, l’unico pensiero di Clare è che abbia del denaro per il sostentamento, poco importa che lei debba mendicare aiuto per sè e i figli. Gli unici sguardi lucidi sono quelli di Costance e Rosamund, che per brevi periodi fuggono dalla follia di Jock per riparasi dagli Aubrey, provvedendo al loro mantenimenti lavorando a domicilio per un negozio di Bond Street. Indipendenza impossibile per Clare, che nemmeno valuta l’opportunità di rendersi autonoma dai debiti del marito. Tra musica, politica, sogni infranti e sogni realizzati si snodano le vicende di un decennio della famiglia Aubrey. Un romanzo dal ritmo lento , cadenzato dalla routine della famiglia e dal’ora del tè e dalla dovizia di particolari che descrivono ogni evento e ogni istante. Personaggi indimenticabili e un senso dell’umorismo pungente.
Primo volume della trilogia degli Aubrey.
Non avrebbero potuto avere tutti quei meravigliosi vestiti e quei gioielli e quelle piume e quei mantelli, né avere quell’aria così serena e soddisfatta, se i loro papà non fossero state persone tranquille e non avessero provveduto a queste cose.” questa era un’idea nuova per me, e ne fui colpita. Per temperamento ero portata ad accettare il patriarcato come qualcosa di naturale.
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