La figlia ideale
Da quel momento in poi, capii che dovevo fare pace con il mio destino, abituarmi all’idea che sarei andata a letto tutte le sera con Juan Donato per svegliarmi sempre la mattina accanto a lui, convincermi che il matrimonio mi avrebbe riservato qualcosa di buono. Non mi costò fatica riepilogare i vantaggi, perché era tutta una vita che me li sentivo enumerare, che la vicinanza crea affetto, che due persone che dormono insieme finiscono per assomigliarsi, che le donne sposate sono molto più libere delle nubili e possono andare e venire senza che la gente pensi male di loro, che sono le regine della casa e possono comandare, mentre le nubili sono donne fallite, superflue, inutili per la società, che gli uomini sono come bambini e quelli che sembrano più rudi alla fine sono i più docili, che i matrimoni per amore spesso falliscono mentre riescono molto meglio quelli concertati per interesse… Sapevo tutte queste cose, le sapevo eccome, le avevo sentite non so neanche più quante volte, ma non riuscii a convincermi, niente da fare, e non mi servì a niente ricordarle perché neanche stavolta me la bevvi.
Nel 1954 Germán Velazquez Martín decide di tornare a casa, a Madrid. Aveva lasciato la Spagna un attimo prima della caduta della Repubblica grazie all’aiuto del padre, un illustre psichiatra perseguitato dai franchisti. Negli anni dell’esilio in Svizzera, Germán si è laureato e in seguito ha condotto una importante sperimentazione su un nuovo farmaco. Ora gli hanno offerto un posto nel manicomio femminile di Ciempozuelos, vicino a Madrid, dove ritrova Aurora Rodríguez Carballeira, che era stata la più enigmatica fra le pazienti del padre. Nel manicomio Germán non può contare sulla fiducia di nessuno, ad esclusione del dottor Eduardo Mendez e di María, infermiera ausiliaria già messa a dura prova dalle esperienze della vita, malgrado la giovane età. Il dottor Velazquez non ha mai vissuto sotto il regime di Franco e ben presto si rende conto che il sole accecante e l’arsura estiva di cui aveva tanto sentito nostalgia non bastano a compensare la morsa soffocante della dittatura e il peso opprimente di un cattolicesimo rigido, imposto; le conversazioni ad alta voce sono vacue e limitate ai commenti sul clima, mentre ogni dialogo di significato avviene sottovoce, sussurrato, a porte chiuse. Sfidando le convenzioni, lo psichiatra si avvicina a María, finché tra i due nasce un sentimento puro e fragile, che per sopravvivere dovrà sottrarsi alle ombre del passato di entrambi. Gli anni Cinquanta in Spagna sono stati anni difficili, in cui tutto era peccato e peccare era reato: una realtà cupa, asfissiante. Nel romanzo, le storie dei personaggi si dipanano tra la Germania nazista, la Svizzera libera e la Spagna del regime, inseguendosi tra le pagine in attesa di un legame profondo, così che ciascuna possa dare significato all’altra e cambiarne irrevocabilmente il corso.
La storia è ambientata nel manicomio femminile di Ciempozuelos a Madrid, tra il 1954 e il 1956, ed è narrata in prima persona da tre voci, che si alternano nel corso delle pagine, in una continua oscillazione di punti di vista e modalità narrative, appartenenti ora al dottor Velazquez, lo psichiatra, ora a Maria, l’infermiera ausiliaria, e ora a donna Aurora, la paziente.
La figlia ideale è un romanzo inventato su fatti realmente accaduti, come scrive l’autrice stessa nella Nota dell’Autrice a fine romanzo: personaggi che raccontano il franchismo con sguardi differenti, ma tutti potenti e lucidi: le donne soprattutto, hanno il coraggio di opporsi in mille modi alla dittatura del regime e dei sentimenti.
Da leggere.
Così capii che le gabbie non erano sempre esterne, formate dalla minacce e dai ricatti delle persone che detenevano il potere. Potevano anche essere interiori, radicate nel corpo, nello spirito di tutte le donne perdute che accettavano mansuete un destino che non avevano scelto solo perché altri avevano deciso che era meglio per loro trasformarsi in donne decenti.