La preda
La figlia di Sadananda ha infranto le regole di casta, ha sposato un kayastha conosciuto a casa di uno zio, uno zio materno. Un cugino di Sadananda, dicono, ha preso in moglie un’intoccabile, una kaot, e si è stabilito a Durgapur. La donna fa l’ infermiera. E nessuno di loro è diventato un fuori casta, nessuno ha perduto l’ onore.
Sette straordinari racconti che narrano l’ India rurale delle ingiustizie, della violenza di casta e di classe. Racconti ambientati nelle regioni più interne dell’ India orientale, nel fitto della foresta dove vivono i discendenti dei primi abitanti dell’India, che vivono con leggi, costumi e lingue proprie. Il vero problema sono le leggi di casta che ancora regolano i rapporti professionali e personali, creando vere e proprie prigioni esistenziali. Racconti che sono la vita, i gesti e la voce degli ultimi, intrappolati in un sistema arcaico cancellato della Costituzione del 1950, ma di fatto ancora ben radicato nelle zone rurali del subcontinente. Straordinari i personaggi femminili, donne di grande forza, grande passione e grande autodeterminazione, come la giovane Dhouli, costretta trasferirsi a Ranchi dopo aver provato l’ indifferenza e l’ odio di un intero villaggio, o come Dulali, costretta a espiare una colpa inesistente. I racconti sono una presa di posizione precisa contro le responsabilità del governo, che tutt’ora vengono aggirate o taciute e dimostrano il grande impegno sociale e di attivismo dell’autrice, una voce fuori dal coro del panorama letterario indiano.
E’ senza dubbio colpa di Dimu. Ma purtroppo, Mahananda, le colpe di un uomo si possono cancellare, quello di una donna no.
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