La Repubblica di Wally
Noi eravamo i primi americani di Wally. C’erano stati i soldati del disastroso sbarco a Orano nel novembre del 1942. Erano morti a centinaia, sulle navi, sotto il fuoco nemico. Molti scomparvero in mare. I sopravvissuti s’impadronirono della città due giorni dopo. Wally aveva dodici anni. Noi eravamo ancora in fasce. Wally era il nostro primo nordafricano, ma non glielo dicemmo per timore di urtare la sua sensibilità. Comunque non era l’ Africa in sé a interessarci, era lui che ci incuriosiva. Ai nostri occhi era unico.
Francia 1961, Wally è in fuga dalle atrocità della guerra di algeria e Louise ha una borsa di studio della fondazione Fullbright. Si conoscono a Cularo, si amano, condividono una stanza, le giornate e le letture. Luoise impara da Wally la grammatica francese, la sintassi, la storia della Francia e dell’Algeria, la guerra, le violenze e le proteste dell’Algeria, insieme alla politica e alla religione i film di Godard. Una sorta di educazione al mondo attraverso un’educazione sentimentale: tutto scivolava intorno alla loro stanza e al loro letto. La loro vera nazione è la Repubblica di Wally, il resto è il mondo fuori. Un idillio interrotto da un aborto, dalla partenza di Wally e dalla nascita di loro figlio. Kamel, un maschio che Louise accetta di far crescere a Wally in Algeria. Da quel momento le loro vite si separano, solo qualche lettera all’inizio li tiene legati. Poi il silenzio. Il peso degli anni e di quel silenzio spingono Luoise a incontrare Aissa, uno scrittore algerino e un rifugiato politico in visita a New York. Sarà fondamentale l’aiuto di Aissa per mettere Louise sulle tracce del figlio Kamal. E cosi Louise si trova a percorrere attraverso una lunga telefonata da Parigi, le proteste dei giovani algerini del 1988 e le giornate di Kamel. La verità sarà l’orrore della spietata repressione del regime del partito unico Fronte di Liberazione Nazione. Nessun lieto fine, solo la forza di una donna nell’affrontare le responsabilità di una scelta fatta quarant’anni prima, quando tutto sembrava possibile.
Non avevamo nessun piano in mente, ha continuato Aissa. Nessuna lista di richieste. Dopo venticinque anni di governo militare eravamo semplicemente stufi marci di veder sperperare la nostra buona volontà, i soldi dei nostri giacimenti petroliferi, la nostra intelligenza, il nostro sole, il nostro incomparabile mediterraneo, la nostra gioia di vivere, il nostro talento calcistico, la nostra lingua vernacolare, la nostra capacità di tenerezza, la nostra fecondità, la nostra dignità, i nostri ultimi brandelli di d’onore, i nostri… Era senza fiato, dentro fino al collo come allora, nella stessa rabbia di quei giorni.
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