La riva del silenzio
Al mercato c’erano artigiani e ambulanti, pescivendoli e macellai, soldati giapponesi della base militare, il medico della cittadina con le spalle incurvate sotto la borse che portava sempre con sé. Vite che sembravano inconoscibili e impenetrabili, quasi che ognuna fosse circondata da un oceano.
Se dovessi descrivere in una parola il romanzo di Paul Yoon direi silenzio. Il silenzio ovunque, non ci sono parole ma gesti, sguardi e ricordi. Il silenzio è il dolore estremo, è la solitudine. Yohan attraversa l’ oceano con una lettera: dietro di sè gli orrori della guerra di Corea, davanti a sè un indirizzo. L’ indirizzo è quello di un sarto giapponese Kiyoshi, in una cittadina sul mare in Brasile. Tra loro un rapporto reso difficile dalle difficoltà di comunicazione linguistiche e dal passato di entrambi. Passato che emerge dal silenzio guardando il cielo le notti che Yohan e Kiyoshi trascorrono sul tetto della bottega o nell’ attesa della nave che porta le stoffe dal Giappone, o nei gesti di una quotidianità ordinaria, come una tazza di tè. Kiyoshi insegna a Yohan la sua arte e attraverso il lavoro Yohan impara a convivere con gli orrori della guerra, dello sradicamento e della prigionia. C’ è poi la nostalgia degli attimi di leggerezza trascorsi con Peng, un amico ritrovato in guerra, dei tempi dell’ infanzia e della vita al villaggio. Yohan incomincia lentamente, negli anni, a rinascere e a creare legami con un marinaio nordcoreano che fa scalo regolarmente nel porto, Bia e Shanti due ragazzi di strada brasiliani e con Peixe che un giorno gli svela una parte della storia del sarto.
Pensò a quegli come se fossero un’altra vita dentro la sua vita. Come qualcosa che poteva trasportare. Una scatolina. Un fazzoletto. Un sasso. Non capiva come una vita potesse svanire. Gli sembrava inconcepibile. Che potesse chiudersi in un istante per poi lasciarlo avvicinare un’ ultima volta. Come poteva esistere un giorno in cui nessuno si sarebbe più interrogato sulla sua vita prima di quella.
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