La traduttrice
Si direbbe che stessi pensando ad altro mentre mi lavavo i capelli tingendoli di blu, e di certo due bicchieri di vino rosso non aiutarono la mia concentrazione. Lascia che ti spieghi.
Aalya è una donna di 72 anni, con i capelli di un improbabile blu, vive a Beirut, sola tra ricordi e notti insonni.
Io, Aalya, l’ anziana, dovrei andare a dormire – distendermi sul letto, chiedere l’ intervento degli dèi del riposo, invece di sedere alla scrivania e ricordare.
E attraverso i ricordi di Aalya ripercorriamo a ritroso la sua vita: un giorno al parco a dieci anni con la madre, il fidanzamento e poi la separazione dal marito, la morte del patrignio e il triste destino di Hannah, sua unica amica. I giorni della libreria e di Ahmed, Beirut assediata e un fucile per cercare di dormire. Oltre il suo appartamento le voci di Youmana Fadia e Marie- Therese. Il funerale del marito e il ricordo di Ahmed in un pomeriggio con un silenzio particolare. Ricordi indissolubilmente legati alle sue traduzioni, chiuse in scatoloni e alle sue letture. Letture che sono conferme della vita, libri come amici che confortano e leniscono il dolore e la solitudine.
Sono prevalentemente una seguace di Pessoa.
Ogni gesto, pensiero , abitudine di Aalya, scorbutica e attenta, è letteratura, compreso il flusso ironico e di autoderisione: dalla religione alle guerre, dalla solitudine al mal di schiena, dalle giornate di pioggia al manto blu del cielo di Beirut. E in sottofondo le variazioni Goldberg di Gould e la Suite n.2 di Bach. E poi dopo tutto, Aalya ritova l’amicizia e il riscatto di tutto il suo lavoro di traduttrice.
Mi sono intrufolata nell’ arte per sfuggire alla vita. Mi sono introdotta furtivamente nella letteratura.
Lascia un commento