L’amica geniale
Il 31 dicembre 1958 Lila ebbe il suo primo episodio di smarginatura. Il termine non è mio, lo ha sempre utilizzato lei forzando il significato comune della parola. Diceva che in quelle occasioni si dissolvevano all’improvviso i margini delle persone e delle cose. Quando quella notte, in cima al terrazzo dove stavamo festeggiando l’arrivo del 1959, fu investita bruscamente da una sensazione di quel tipo, si spaventò e si tenne la cosa per sé, ancora incapace di nominarla.
Napoli, un rione periferico negli anni cinquanta e due bambine che poi diventano ragazze e donne. Elena e Lila giocano, vanno a scuola insieme, scoprono la magia della lettura e dello studio, affrontano gli esami di quinta elementare e qui Lila si ferma per volere della famiglia, troppo povera per sostenere le spese scolastiche. Elena invece prosegue gli studi, tenendo per mano Lila e insegnandole tutto quello che apprende, nonostante la quotidianità del rione: il rione è violenza e brutalità: pietre in faccia, sangue, urla e di voli fuori dalla finestra da padri dispotici e brutali.
E mentre l’odio si rigenera attraverso i figli, l’amicizia delle due bambine cresce, a protezione da tutto il resto, un’amicizia più forte di ogni differenza e ostacolo, e che anzi proprio dalle differenze trae sostentamento e si rafforza. Il passaggio all’adolescenza è difficile e presto l’unica strada di Lila per fuggire di casa è un fidanzamento fortemente voluto dal fratello e poi un altro voluto da Lila per ripicca alla precedente imposizione familiare. Elena è l’unica àncora di Lila. La Ferrante indaga la natura complessa dell’amicizia tra le due bambine, tra le due ragazze e infine tra le due donne, attraverso la loro crescita e il modo in cui si influenzano. Attraverso l’amicizia di Elena e Lila, il romanzo racconta i cambiamenti che investono il rione e che negli anni trasformano le due amiche e il loro legame. Le pagine seguono l’andamento delle grandi narrazioni popolari, dense e insieme veloci, profonde e lievi, che rovesciano di continuo le situazioni, sommando evento a evento senza tregua, con profondità rivelando violenze domestiche di ogni tipo. L’autrice porta compiutamente a termine nel primo romanzo della serie la narrazione dell’infanzia e dell’adolescenza di Lila ed Elena, lasciandoci sulla soglia di nuovi mutamenti che stanno per sconvolgere le loro vite e il loro rapporto: il matrimonio di Lila.
Ritornò così il tema del “prima”, ma in modo diverso che alle elementari. Disse che non sapevamo niente, né da piccole,né adesso, che perciò non eravamo nella condizione di capire niente, che ogni cosa nel rione, ogni pietra o pezzo di legno, qualsiasi cosa, c’era già prima di noi, ma noi eravamo cresciute senza rendercene conto, senza mai nemmeno pensarci..Lei aveva fatto la prova con suo padre e sua madre. Non sapevano niente, non volevano parlare di niente. Niente fascismo, niente re. Niente soprusi, niente angherie, niente sfruttamento. Odiavano don Achille e avevano paura dei Solara. Però ci passavano sopra e andavano a spendere i loro soldi sia dal figlio di don Achille che dai Solara, e ci mandavano addirittura noi. E votavano per i fascisti, per i monarchici, come i Solara volevano che facessero. E pensavano che ciò che era successo prima era passato e per quieto vivere ci mettevano una pietra sopra, eppure ci stavano dentro, alle cose di prima, e ci tenevano dentro anche noi, e così, senza saperlo, le continuavano.
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