Mi chiamo Lucy Barton
Deve essere il sistema che adottiamo quasi tutti per muoverci nel mondo, sapendo e non sapendo, infestati dai ricordi che non possono assolutamente essere veri. Eppure, quando vedo gli altri incedere sicuri per la strada, come se non conoscessero per niente la paura, mi accorgo che non so cosa hanno dentro. La vita sembra spesso fatta di ipotesi.
Due donne, una madre e una figlia, cinque giorni e una stanza d’ospedale. Tra le due donne anni di silenzio e distanza, di incapacità di esprimersi. Lucy lascia Amgash per il college senza farvi più ritorno, la madre lascia la cittadina dell’Illinois solo quell’unica volta per raggiungere la figlia in ospedale. Nessuna parola sul padre, sul loro passato famigliare: solo a tratti brevi accenni al fratello e alla sorella. Il resto delle parole e dei giorni sono domande e risposte sulla sfortunata cugina Harriet, sulla spocchiosa Kathie Nicely e della bella Mississipi Mary. Le due donne non riescono ad andare oltre il pettegolezzo. La madre è una donna anziana, che dorme seduta. Lucy è sposata e ha due bambine e vive a New York. La differenza è abissale. incolmabile. Ed è proprio nel silenzio, nel non detto che Lucy dà un nome al passato: un’infanzia brutale e solitaria, una miseria umiliante, la continua emarginazione e una memoria dolorosa di giorni e anni mai condivisa. Cinque giorni, cinque notti e nessun gesto, nessuna parola. Un vuoto incolmabile, che anni dopo Lucy Barton scopre essere la propria storia. Lezione dolorosa appresa dalla sua insegnante di scrittura: ciascuno ha soltanto una storia, da scrivere in modi diversi, ma che rimane una, unica storia. Una narrazione in prima persona che si sviluppa su piani temporali diversi: il passato, il presente e il futuro. Un romanzo intenso, perfetto che racconta la potenza della parola, senza cedere mai al sentimentalismo.
Da allora ho avuto molti amici sia maschi che femmine, e tutti dicono la stessa cosa: è sempre il dettaglio a essere rivelatore. Cioè, non si tratta solo di una storia al femminile. E’ quel che succede a un mucchio di noi, sempre che la fortuna ci assista e che quel dettaglio lo sentiamo, sempre che ci facciamo caso.
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