Non piangere
Come se niente fosse, certi preti distribuiscono al proprio gregge di fedeli immagini del Crocifisso circondato da cannoni.
Come se niente fosse, certe reclute carliste che se ne vanno in giro col Sacro Cuore di Gesù cucito sulla camicia abbattono, in nome di Cristo Re, uomini giudicati sospetti solo per qualche parola che hanno detto.
Come se niente fosse, l’episcopato spagnolo, venduto agli assassini, benedice il terrore che costoro instaurano in nomine Domini.
E come se niente fosse, tutta l’Europa cattolica resta a guardare senza aprire bocca.
Spagna 1936, Montse è una quindicenne catalana che decide di seguire il fratello Josè in città dove hanno trionfato le forze anarchiche. Per il fratello Josè, da un’iniziale pazza gioia quei giorni saranno forieri di una grande delusione, dell’arretramento delle belle idee di fronte alla crudeltà degli uomini mentre per Montse rimarranno i giorni di splendore e libertà. Le parole e i ricordi di Montse si intrecciano con quelli di Bernanos che, nei Grandi cimiteri sotto la luna, denuncia le atrocità perpetrate dall’esercito nazionalista e l’infame connivenza tra la chiesa e i militari durante la guerra civile spagnola. Due testimonianze che raccontano La Storia da posizioni sia sociale che geografiche differenti: il sogno estivo e la promessa di libertà per una giovane vissuta nell’ignoranza e nella povertà, figlia di contadini dell’ Alta Catalogna e la presa di coscienza di un fervente cattolico monarchico che a Palma di Majorca assiste all’atroce repressione franchista. Nella pagine il racconto nostalgico di Montse si intreccia con la Storia che di una nazione, di uno stato che nei fatti diventa il destino di una donna. Il sogno di Montse si infrange con la morte di Josè e durante la lunga marcia verso la Francia, dove giunge nel febbraio del 1939. Bernanos emigra in America Latina, in Brasile e Paraguay. Due esuli. Un romanzo intenso e struggente. Complimenti alla competenza delle traduttrici italiane, che hanno fatto in modo che in un’altra lingua fosse avvertibile l’impasto linguistico, il “fragnol”, che come loro stesse indicano nell’avvertenza iniziale non è solo motivato da ragioni sentimentali, ma anche musicali.
Il 19 marzo 1937, ovvero nove giorni prima della nascita di Lunita, papa Pio XI, di santa memoria, pubblicò l’enciclica Divini Redemptoris, rompendo il silenzio sul pericolo intrinsecamente perverso che minacciava il mondo ( cito).
Questo pericolo minaccioso, questo satanico flagello (cito) era il comunismo bolscevico e ateo che mirava a capovolgere l’ordinamento sociale e a distruggere i fondamenti della famiglia cristiana. Esso proclamava, tra le altre aberrazioni, il principio dell’emancipazione della donna, e si proponeva di ritirarla dalla vita domestica e dalla cura dei figli per trascinarla nella vita pubblica ( cito) dove proliferavano batteri e influenze maligne d’ogni sorta.
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