Nostra Signora del Nilo
La Pioggia scende per lunghi mesi, è la Sovrana del Ruanda, ben più del re del passato o del presidente di oggi, la Pioggia è attesa, è invocata,è lei che deciderà la carestia o l’ abbondanza, che sarà di buon auspicio per un matrimonio fecondo, la prima pioggia al termine di una stagione secca che fa danzare i bambini i bambini col viso rivolto al cielo per accogliere le grosse gocce tanto desiderate, la Pioggia impudica che, sotto il pareo impregnato, mette a nudo le forme incerte di tutte le ragazze; è lei la Padrona violente, pignola, capricciosa, che crepita su ogni tetto di lamiera, da quelli nascosti sotto il banano a quelli dei quartieri melmosi della capitale, è lei che ha gettato la sua rete sul lago, che ha cancellato la grandiosità dei vulcani, che regna sulle sconfinate foreste del Congo, viscere dell’ Africa, la Pioggia, la Pioggia perenne, fino all’oceano che la genera.
Ruanda, 1970. nel distretto di Nyaminombe, vicino alla foce del Nilo sorge il liceo Nostra Signora del Nilo. Il liceo è un istituto privato le cui studentesse sono figlie di ministri, uomini d’affari e ricchi commercianti, si chiamano Gloriosa, Frida, Goretti, Godelive e Immaculée – e sono al novanta per cento Hutu. Il restante dieci per cento, ragazze come Veronica e Virginia, è composto di giovani Tutsi ammesse in virtù della quota etnica. La madre superiora e padre Hermenegilde cercano di preservare il più possibile l’innocenza e l’onore delle ragazze, istradandole su principi cristiani e della ‘razza maggioritaria’, come veniva eufemisticamente definito l’elemento hutu rispetto ai tutsi. Tra autobiografia e finzione si narrano le vicende delle ragazze. Le storie si alternano tra la vita monotona del liceo, le lezioni e il refettorio e altri momenti di tragedia, di innocenza, di riscatto, di bugie costruite e di verità negate; tra il sacro imposto dalla madre superiora e il profano che deriva da antiche culture. L’oltraggio alla statua della Vergine, colpevole di avere lineamenti tutsi, è il primo passo verso il sanguinario colpo di Stato del 1973, e il primo passo del dramma fortemente voluto da Gloriosa che chiude il romanzo. Un testo semplice che racconta di ingenuità: ” un giorno forse ci sarà un Ruanda senza hutu e senza tutsi” e che anticipa, allo stesso tempo l’ odio che porterà al genocidio del 1994.
All’ interno del liceo non contare su nessuno. la madre superiora si è già chiusa nel suo studio per non vedere. I professori belgi continueranno imperturbabili le loro lezioni. I francesi, anche se ci manifestavano un po’ di simpatia, a quanto pare per il nostro aspetto fisico, ubbidiranno alle consegne della loro ambasciata: nessuna ingerenza! Quando gli assassini si avventeranno su di noi, qualcuno dirà: in Africa è sempre stato così, massacri selvaggi di cui c’è ben poco da capire e, anche se alcuni si barricheranno in camera loro a piangere, le loro lacrime non ci salveranno.
Le colline del Ruanda. Novembre 2003. Fotografia di Patrizia Cavaliere
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