Passaggi in Siria
La Siria che mi ricordavo era uno dei posti più belli al mondo. Ripensai alla mia infanzia nella città di Tabqa, nei pressi di Raqqa, sul fiume Eufrate, e agli anni della mia adolescenza nella storica città di Jable. Una volta adulta, ero andata a vivere da sola con mia figlia nelle capitale Damasco, per diversi anni, a una certa distanza dalla mia famiglia, dalla mia comunità e dai legami identitari. Avevo vissuto in modo indipendente, libera di fare le mie scelte, ma quello stile di vita mi era costato moltissimo in termini di critiche, ripudio e pregiudizio alla mia reputazione. Era stato difficile essere donna in una società conservatrice che non permetteva alle donne di ribellarsi alle proprie leggi.
Tre capitoli, tre passaggi in Siria, tre tappe di una guerra civile. Un libro che è un vero e proprio pugno allo stomaco che descrive senza margini di errori la realtà della sanguinosa guerra siriana. Una storia che è la condanna a vita o a morte, dipende dai punti di vista, di tutti coloro che ogni giorno vivono per non morire e muoiono stanchi di vivere. Tre passaggi in Siria che sono storie e volti di giovani donne e bambini, di anziani e ragazzi, di persone stremate dal rumore degli spari, dalle bombe a barile che vengono sganciate ovunque, senza alcuna logica di protezione per le persone civili. Un reportage che denuncia una guerra atroce, il disperato bisogni di aiuti umanitari, la necessità di intervenire per fermare ulteriori spargimenti di sangue. Tre passaggi in Siria dettati dall’urgenza di raccontare tutto all’Occidente, che sembra non cogliere la gravità delle popolazioni civili. Passaggi che sono tre ingressi illegali dalla frontiera turca, insieme a fondamentalisti e foreign fighters, sotto gli occhi chiusi della polizia di frontiera: una sostenuta passeggiata a piedi per entrare nell’orrore di ogni giorno. Una testimonianza preziosa e unica che riesce a dare voce ai ribelli del Free Army e alle donne senza speranza, ai bambini ingenui che vedono maceria e inventano giochi per distrarsi dalle barbarie, intere famiglie che raccontano immagini e emozioni di attimi di tregua tra la crudeltà dei cecchini e gli scontri armati. Un racconto che è romanzo, saggio e puro giornalismo di denuncia, doverosamente definito dall’Observer ” uno dei primi classici politici del XXI secolo.
Queste erano le persone senza nome, ignorate, le persone che andavano in motocicletta per assolvere ai propri impegni quotidiani e che potevano essere uccise mentre andavano ad acquistare un filone di pane. Era una vita grama. Le granate volavano sulle loro teste, gli aeroplani distruggevano le loro case e incendiavano i frutteti e i campi coltivati. E tutte le mattine si svegliavano grati di essere ancora vivi. Vivevano tra i vicoli di pietra e sotto gli alberi di fichi e ulivi. Semplicemente, come la notte e il giorno si danno il cambio, crescevano, davano alla luce i propri figli e morivano, senza un gemito. La loro vita era breve come un lampo. Nessuno si preoccupava di loro.
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