Più gentile della solitudine
Pechino agosto 1989, due mesi dopo il massacro di piazza Tienanmen, Ruyu arriva in città per iniziare la scuola superiore. Ruyu è orfana e cattolica e subito estranea al quadrilatero, il caseggiato tradizionale dove ogni aspetto della vita familiare si svolge in comune. Ruyu è ospite della zia delle prozie che la hanno allevata e divide la camera e il letto con Shaoai, giovane e irrequieta studentessa universitaria. A condividere la vita nel cortile del quadrilatero Moran e il giovane Boyang. Tre adolescenti che si affacciano alla vita in maniera differente: il silenzio di Ruyu, l’entusiasmo di Moran e la spavalderia di Boyang. Shaoai reagisce alla vita ribellandosi alle regole, in un modo che non porta da nessuna parte: una vera e propria ribellione suicida. A venti anni di distanza, sarà la morte di Shaoai a far riemergere il passato che ha tenuto le loro vite sospese, nonostante il trasferimento di Ruyu e Moran negli Stati Uniti e il successo economico di Boyang. Esistenze che si scoprono malinconiche e solitarie, come sospese dalla vita stessa. In un continua alternarsi di passato e presente, l’autrice ci narra la storia del fallimento di ogni personaggio: ognuno a modo proprio schiacciato dalla solitudine e incapace di costruire un rapporto umano. Finale sospeso, come tutto il romanzo.
Si possono avere visioni sbagliate, si possono coltivare speranze vane, ma ingannare se stessi è più difficile che ingannare il mondo.
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