Quando l’imperatore era un Dio
Sono colui che chiamate giappo. Sono colui che chiamate nippo. Sono colui che chinamate occhinsù. sono colui che non vedete affatto: siamo tutti uguali.
Una storia corale raccontata attraverso la voce di una madre, di una bambina, di un bambino e di un padre. Senza nomi, solo i lori pensieri e le loro emozioni come a voler sottolineare ” l’ invisibile ” che sono diventati all’ indomani dell’ attacco di Pearl Harbour.
Nella primavera del 1942 il governo americano dispone l’ internamento dei cittadini americani di origine giapponese nei campi di lavoro dello Utah e nel New Mexico. Un padre viene arrestato nel cuore della notte e da lì a pochi giorni il resto della famiglia si prepara a partire seguendo le istruzioni dei cartelli appesi agli uffici postali e da Woolworth.
Ognuno dei cinque capitoli è narrato da un diverso componente familiare: la madre racconta i preparativi per la partenza dopo l’ ordine di evacuazione n.19, la figlia racconta il viaggio in treno.
C’ erano le persone dentro il treno e quelle fuori dal treno, e fra loro c’ erano le tendine.
Il figlio racconta la permanenza al campo, con lucidità e innocenza, nonostante la difficile situazione: le baracche, il freddo, il caldo soffocante, la polvere del deserto e la consapevolezza di un altrove e di un prima che lo rendono adulto.
La loro vecchia vita gli sembrava lontana, remota, come un sogno che non riusciva a ricordare.
Una voce corale racconta il ritorno a casa, rendendo tutti estranei alla loro stessa vita. Loro stessi sono estranei a sé stessi, sono altro da quella partenza. Sono la terribile esperienza che hanno vissuto. Potente e straziante la confessione del padre che termina il libro.
Tutto quelo che volevamo, adesso che eravamo tornati nel mondo, era dimenticare.
Da rivedere il film di Alan Parker ” BENVENUTI IN PARADISO ” del 1990 con Dennis Quaid e Tamlyn Tomita.
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