Storia del nuovo cognome
Eppure era bellissima e si vestiva come nelle riviste per signore che comprava in gran numero. Ma la condizione di moglie l’aveva chiusa in una sorta di recipiente di vetro, come un veliero che naviga a vele spiegate in uno spazio inaccessibile, addirittura senza mare.
Le vicende dell’Amica geniale riprendono dal matrimonio di Lila. Lila ha sedici anni, si è sposata con Stefano e la prima sera della luna di miele conosce la violenza di Stefano e riconosce la violenza del padre e del fratello. Gli occhi neri e pesti sono come quelli della madre e l’unico consiglio che riceve è di avere pazienza, che funziona così, che poi ci farà l’abitudine e che tutto dipende da lei: se Lila non si oppone o resiste a Stefano, Stefano non userà la violenza. Un vicolo cieco di dimensioni e di tempi troppo grandi per una ragazza di sedici anni. Elena, che rivede nel volto tumefatto dell’amica il volto delle donne del rione, realizza di voler fuggire dal rione. Le pagine ci trascinano nella giovinezza delle due ragazze al ritmo travolgente del loro lasciarsi, perdersi e ritrovarsi. Sullo sfondo Napoli, città che rispecchia il nascere delle tragedie di oggi: la violenza e l’arroganza che determinano le vite di tutti i protagonisti, annullando ogni possibile riscatto. Storia del nuovo cognome è soprattutto il dispiegarsi di un’incredibile avventura, un’amicizia che dura una vita e del delinearsi del carattere e delle scelte delle due amiche: Lila è dotata di un fascino ammaliante, di una naturale genialità, ma anche di un’incostanza e cattiveria che ne fanno un carattere perfido e impossibile. Elena è di una bellezza pacifica; timida e perseverante, è in grado di sorprendere sempre per le sue inaspettate capacità e doti culturali e per la caparbia determinazione in grado di condurla fuori dal rione. L’università e la maternità separano i percorsi delle due amiche, ma mantengono inalterata l’assurdità e l’intensità del loro legame. Una vacanza ad Ischia e un uomo, Nino Sarratore, cambieranno radicalmente il loro rapporto.
E anche la formula della sua nuova designazione, disse, in principio l’aveva colpita poco: Raffaella Cerullo in Caracci. Niente di esaltante, niente di grave. In principio quell’in Caracci l’aveva impegnata non più di un esercizio di analisi logica, gli stessi con cui ci aveva martellate la maestra Oliviero. Cos’era un complemento di stato in luogo? Significava che risiedeva non più presso i suoi genitori ma presso Stefano? Significava… Ma Lila, secondo il suo solito non s’era fermata a questo punto, presto era andata oltre. Mentre lavoravamo con pennelli e vernici, mi raccontò che aveva cominciato a vedere in quella formula un complemento di moto a luogo, come se Cerullo in Caracci fosse una specie di Cerullo va in Caracci, vi precipita, ne è assorbita, vi si dissolve.
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