Storia della bambina perduta

Storia della bambina perdutaIn quel frangente mi diventò evidente il mio disastro. Perché sono qui, perché butto il tempo a questo modo. Le figlie e Napoli mi hanno mangiata viva. Non studio, non scrivo, ho perso ogni disciplina. Mi ero conquistata una vita lontanissima da quella che mi sarebbe spettata, ed ecco come è finita. Mi sentii esasperata, in colpa verso me stessa e soprattutto verso mia madre. Per di più Imma, da un pò, mi metteva ansia, ogni volta che la confrontavo con Tina mi convincevo che soffriva di un ritardo dello sviluppo.

Quarto volume: la resa dei conti del legame tra Lila e Elena. Il titolo del volume è riferito alla scomparsa di Tina e da quel momento tutto, letteralmente esplode. Il sentire di Lila  è, nei giorni successivi al fatto,una speranza che lentamente diventa dolore: Tina è scomparsa e le mille ipotesi su quanto è accaduto sono domande senza risposta. Lila finisce per chiudersi nel rione, schiacciata dall’indicibile dolore per la perdita della figlia.  Elena abbandona il rione e si ritira a Torino. Sullo sfondo il sequestro Moro, l’era e il declino socialista, la cattura degli esponenti delle brigate rosse, gli anni delle stragi mafiose, mani pulite, e il berlusconismo. Anni che attraversano i giorni delle vite delle due donne, dei loro mariti, compagni, figli e figlie. Giorni approdano alla maturità e alla vecchiaia delle due amiche. La vecchiaia diventa la solitudine di due donne incapaci di rapportarsi con la realtà: Elena perde il lavoro e LIla scompare: e si tirano le somme per le decisioni sbagliate, per gli errori di valutazione, per la leggerezza nei rapporti umani, per l’incapacità di costruirsi una identità e la caparbietà nel voler rimanere confinate nel perenne ruolo di vittime.
La quadrilogia coincide con l’inizio del romanzo di Elena, si nutre di un flashback lungo sessant’anni, e finisce quando Elena mette la parola fine al suo romanzo. L’immagine che rimane è quella di Elena e Lila come l’una lo specchio vuoto dell’altra e dell’incapacità di entrambe di dire e raccontare la verità.

Mi guardai intorno, chiesi a Lila: dov’è Tina?
Lei aveva ancora in faccia l’espressione di cordiale consenso con cui fino a un minuto prima stava ascoltando le chiacchiere di Nino. Sarà con Dede e Elsa, disse. Le risposi: non c’è. E volevo che si occupasse di sua figlia insieme a Enzo, invece di mettersi tra la mia e il padre nell’unico giorno in cui s’era mostrato disponibile. Ma mentre Enzo si guardava intorno in cerca di Tina, Lila seguitò a parlare con Nino. Gli raccontò delle volte che le era sparito Gennaro. Rise, disse: una mattina non lo si trovava più, erano usciti tutti da scuola e lui non c’era: mi sono presa un grandissimo spavento, ho immaginato le cose più brutte, e invece se ne stava buono ai giardinetti. Ma fu proprio ricordandosi di quell’episodio che perse colore. Gli occhi le si svuotarono, chiese a Enzo con voce alterata: L’hai trovata, dov’è?

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