Sugar money
Ci sono padroni che vanno subito al sodo quando ti comandano qualcosa, come uno che entrando in una casa varca la soglia senza esitazione. Padre Cléophas non era fatto così. Lui prima ci girava intorno, controllava le finestre, poi andava nel cortile, dava un’occhiata al tetto e finalmente bussava piano alla porta e, mentre si attardava in tutte queste peregrinazioni, tu dovevi seguirlo e ti domandavi quale abominevole compito, quale astrusità avesse in mente questa volta.
Sainte Pierre della Martinica, Antille Occidentali 1756. Lucien e suo fratello Emile sono schiavi creoli dei Frères de la Charité. I frati cercano di salvare l’ospedale locale per prendersi cura dei malati, solo che i debiti accumulati negli anni li stanno seriamente rovinando. Padre Cléophas ha un piano e per attuarlo ha bisogno dei due giovani fratelli. Il folle progetto è quello di recarsi a Granada e ritornare con i 42 schiavi dei Fréres rimasti sotto il dominio inglese dopo l’occupazione della Martinica. Emile, il maggiore dei due fratelli, si rende conto immediatamente della follia del piano: rubare 42 schiavi sotto gli occhi degli inglesi e cerca di salvare Lucien rifiutando la sua presenza, ma padre Cléophas è irremovibile. A bordo della Daisy inizia il viaggio assurdo dei due ragazzi. L’approdo a Granada avviene secondo i piani e la conoscenza dell’isola, dove i due ragazzi sono cresciuti, si rivela fondamentale per raggiungere l’ospedale e il villaggio dove vivono i 42 schiavi. Qui iniziano i problemi e Emile inizia a sentirsi in trappola: da una parte l’obbligo di obbedienza a Padre Cléophas e dall’altra gli inglesi. Una missione impossibile e pericolosa che attraverso le pagine diventa sempre più assurda. Un romanzo storico, ispirato a una storia vera che tiene il lettore con il fiato sospeso fino all’ultima pagina. Una storia profonda sul forte legame tra fratelli e sul valore assoluto della libertà.
Quel che vidi non l’ho mai dimenticato. La scena si ripete di continuo nella mia mente. Il tempo parve rallentare e accelerare nello stesso momento. I due Béké saltarono giù dal carretto e il cavaliere pallido spronò la giumenta, che si avviò, facendo perdere l’equilibrio a mio fratello. Le dita dei piedi strusciarono brevemente sul pianale e poi scivolarono giù, nel vuoto. Il cappio stretto intorno al collo, oscillava come un pendolo di carne, le mani legate dietro la schiena.
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