Un altro giorno di morte in America
Tutti i diritti implicano responsabilità; tutte le libertà richiedono restrizioni. Amate le armi più di quanto amiate i bambini? Com’è possibile coniugare la libertà di detenere un’arma con la libertà di sapere che i vostri figli sono al sicuro a scuola?
Sette è il numero di bambini e adolescenti che, di media, ogni giorno perdono la vita negli Stati Uniti per un colpo di arma da fuoco. L’autore ha scelto una data a caso, il 23 novembre 2013, per scoprire a quanti ragazzi quel giorno sono morti: dieci, tra est e ovest e la grande campagna americana. Ha cercato chi li conosceva e ha passato al setaccio le loro pagine facebook e twitter. Quando erano disponibili documenti, verbali, autopsie, registrazioni del 911, li ha consultati per raccontare quelle brevi e invisibili vite. In questo modo i nomi sono diventati volti, gesti, abitudini, sogni e ribellioni. Ogni singolo ragazzo è diventato un storia, un capitolo che ricostruisce gli attimi in cui è partito il colpo dell’arma da fuoco, le ore precedenti, e gli istanti successivi, allargando il cerchio della storia al passato e al futuro da quell’attimo devastante. 24 ore, 10 proiettili, 10 ragazzi e 10 capitoli che analizzano fatti, storie e geografie. L’autore sottolinea l’onnipotenza del secondo emendamento, la potenza indiscussa della Nra, national riffle association, la distanza della politica dalla realtà e di come i media raccontano o ignorano gli omicidi, che in molti casi sono solo numeri che spesso non vengono nemmeno contati, soprattutto nel caso di afroamericani, vittime sia per gli eccessi della polizia contro cui è nato il movimento #BlackLivesMatter sia per la criminalità di città e quartieri difficili dove le armi sono moneta corrente come le droghe e le gang.
Dei dieci ragazzi che morirono nel giorno che ha scelto a caso per il suo libro, il 23 novembre 2013, sette erano neri, due ispanici e uno bianco.
Gary Younge ha avuto un’idea semplice ma molto forte per far capire cosa significa concretamente questo numero: una cifra che non ha pari in nessuna altra nazione del mondo.
Il fatto che in un quartiere come Pleasant Grove, dove si concentra la popolazione nera e povera, una donna bianca non si senta al sicuro e Samuel sia stato ammazzato senza nemmeno un’inchiesta della stampa è il diretto risultato di politiche pubbliche e pratiche private. Dallas non è semplicemente diventata così: è stata fondata così.
Era solo un altro ragazzo nero, un’altra statistica” mi ha detto Claudia.
Un altro ragazzo nero del ghetto. Non era un giovane bianco ucciso all’University Park o a Highland Park, dove c’è la Smu, l’Università metodista del sud. Se lo fosse stato avrebbe avuto diritto a un articolo intero, non a un misero trafiletto. Non credo succeda solo a Dallas. Credo che sia l’America.Nella foto Jaiden Dixon, Grove City, Ohio: 9 anni
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