Un’altra parte del mondo
Ce lo hanno insegnato alle elementari, in Toscana fino alla sfinimento: “questo” indica una cosa che sta vicina a chi parla e a chi ascolta; “codesto” è vicino a chi ascolta, ma lontano da chi parla; ” quello” è lontano da tutti e due. Quel ragazzo Aldo sembra irraggiungibile. Lo stiamo perdendo. Sta uscendo dalla comunità, perché per starci c’è bisogno di una possibilità di comunicazione. Anche poca va bene, ma senza si muore.
Un’altra parte di mondo è la storia di Aldo Togliatti, di suo padre Palmiro Togliatti e di sua madre Rita Montagnana. Aldo è Aldino o Aldolino, sempre anche da adulto: un diminutivo che risalta platealmente con la figura paterna di Aldo Togliatti. Due uomini e due storie agli antipodi indissolubilmente legate alla Storia e alla storia del comunismo. Aldo cresce tra Parigi, Zurigo e Basilea e si stabilisce a Ivanono per frequentare la scuola destinata ai figli dei dirigenti di tutti i partiti comunisti del mondo, con lui i figli di Mao e di Tito. Nel frattempo i genitori attraversano l’ Europa diretti in Spagna: un arrivederci sulla soglia della scuola e una lontananza che dura due anni. Poi dopo Ivanovo e il rientro dei genitori, c’è Mosca, i mesi da sfollati a Kujbysev, di nuovo Mosca, l’hotel Lux, l’università, la seconda guerra mondiale e il rientro in Italia: il tutto tra il 1926 e il 1944. Il rientro in Italia accentua la timidezza di Aldo, la sua solitudine, il suo disagio e il suo allontanamento dal padre, impegnato nella nascita dell’Italia dopo il ventennio fascista e la seconda guerra mondiale. Una distanza che diventa incolmabile con la separazione di Palmiro Togliatti da Rita Montagnana. L’ultima apparizione pubblica di Aldo Togliatti è ai funerali del padre. Poi scompare:vive con la madre a Torino: ha già avuto problemi di salute mentale e affrontato cure psichiatriche in Italia, in Ungheria, in Bulgaria, a Mosca: la diagnosi di schizofrenia non lascia scampo. Una volta lo trovano a Civitavecchia sul molo, qualche anno dopo a Le Havre. Le sue fughe terminano nei porti, con il desiderio di partire per l’America o di scomparire lontano. Poi la lunga degenza a Villa Igea, 31 anni fino al 2011 quando muore all’età di 86 anni. Attraverso le testimonianze dei compagni di scuola a Ivanovo, gli amici torinesi, i colleghi di lavoro, i cugini Montagnana, i diari dei dirigenti del Partito Comunista Italiano e i documenti d’archivio, l’autore tratteggia il ritratto di un uomo eternamente minore, incapace di trovare il suo posto nel mondo.
Un romanzo che indaga il tracciato esistenziale di Aldo Togliatti, la storia europea del secolo scorso, i legami familiari, attraverso continui flashback tra passato e presente, pubblico e privato, nella lunga attesa di un figlio per il padre, come scriveva nelle lettere da Ivanovo: “Viens plus vite si tu peux.”
Aldo Togliatti un tratto di eleganza ce l’ha naturale. E’ l’eleganza dei miti, quelli che passano delicati anche attraverso i vestiti che portano. Si muove leggero, dicono, nei corridoi e nel giardino. una leggerezza dei passi e dei modi. Per non dare fastidio, non premere troppo su dove ci si è trovati a essere. Una leggerezza che ci viene da mettere in corrispondenza con una voglia di scomparire. Dimettersi agli occhi del mondo. Una delicatezza lieve, presumiamo, in opposizione alla pesantezza che Aldo Togliatti si trascina addosso.
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